Trasferire un'immagine digitale
Un vecchio articolo del 2001 della rivista italiana Reflex descrive come ottenere delle stampe in bianco e nero su carta fotografica all'argento, partendo da un originale digitale. e interessante questa interazione tra le tue tecnologie, anche se a mio avviso, la qualità tonale della nuove stampanti inkjet,e la qualità dei novi supporti è davvero elevata. é un modo per mantenere una certa artigianalità in un mondo sempre più dominato dalla tecnologia e dal tempo che manca. Sicuramente, se la durata di una stampa su carta fotografica all'argento è quantomeno certa (possiamo avere un riscontro sul esito di fotografie stampate più di 50 anni fa) non è così certa la durata delle stampe realizzate con i sistemi attuali. Ma è importante che una stampa duri così tanto? esiste sempre il file originale, in cui sono state fatte tutte le modifiche e i ritocchi fotografici voluti, che si può ristampare.
Ecco come la pensa Marco Foddel nel suo articolo:
"Conosciamo le difficoltà che si incontrano nel realizzare una fotografia bianconero che rispetti ciò che abbiamo previsualizzato e spesso il risultato finale non corrisponde all'idea che avevamo in mente.
I motivi della frustrazione che ne deriva sono molteplici e da ricercarsi in tutte le fasi del processo fotografico, dalla ripresa al trattamento. Tuttavia, si cerca di pilotare il risultato nella direzione voluta con tecniche di non facile esecuzione, a volte addirittura impossibili, soprattutto in fase di stampa. Penso ad interventi di mascheratura o bruciatura su piccole porzioni del negativo, oppure alle diverse variazioni di contrasto in altrettante differenti zone del soggetto ed a difficili interventi di ritocco per eliminare imperfezioni o difetti nell'immagine. Operazioni, queste, che richiedono una esperienza notevole, spesso non sufficiente ad ottenere un risultato perfetto. Siamo nel caso limite, una sorta di confine tra possibile ed impossibile in cui la fotografia tradizionale si ferma.
Al giorno d'oggi, però, il fotografo ha uno strumento in più su cui contare: la fotografia digitale. Cresciuta qualitativamente in modo esponenziale, in questi ultimi tempi ha raggiunto, grazie a sofisticatissimi ed efficaci software, livelli qualitativi che non fanno più sorridere ma che permettono di oltrepassare efficacemente il confine suddetto.
Al di là dalle possibilità tecniche offerte dalla fotografia digitale, chiunque si sia incantato a rimirare le proprie immagini digitalizzate attraverso lo schermo di un PC, sicuramente sarà rimasto colpito dalla nettezza e brillantezza dei toni.
Il problema nasce quando si vuole stampare quella bellissima immagine in bianconero, non necessariamente frutto di un programma di elaborazione grafica, che vediamo sul monitor. Il metodo più ovvio è quello di servirsi di una stampante Ink Jet. Tuttavia, anche con una buonissima ed evolutissima stampante di qualità fotografica si otterrà un'immagine costituita da inchiostri su carta.
Dal punto di vista qualitativo una stampa ad inchiostri, pur avvicinandosi molto a quella tradizionale all'argento, non riesce, almeno per il momento, ad esservi pienamente equivalente. Ciò è dovuto al fatto che un'immagine fotografica tradizionale è costituita da argento metallico che a tutt'oggi è insuperabile nel conferire ai soggetti profondità e modulazione tonale. Ma a parte questo aspetto esiste un altro fattore di imprescindibile importanza: la durata delle stampe.
E' pur vero che le note case costruttrici di stampanti Ink Jet promettono stampe di durata centenaria ma di ciò abbiamo, per l'appunto, solo promesse (sostenute da test difficilmente verificabili) che dovremo riscontrare tra almeno cento anni: francamente troppi!
D’altra parte, non si può rimanere indifferenti innanzi alle possibilità di intervento che opportuni software possono offrire sulle immagini digitali (ossia prodotte da fotocamera digitali) o digitalizzate (prodotte da negativo scandito) e al notevole impatto qualitativo che ne deriva, tale da farci desiderare di vederle realizzate su carta fotografica tradizionale.
Fino ad oggi una simile possibilità per il bianconero non esisteva (a parte riprodurre, dopo inversione, il file del positivo digitale in negativo digitale su pellicola per mezzo di un costoso fotorestitutore, che in base a prove fatte almeno sul bianconero, abbassa notevolmente la qualità finale).
I "limiti" mi hanno da sempre affascinato e fatto risvegliare la mia "sperimentite", che si è tradotta nel desiderio di ricercare un valido metodo per tradurre un'immagine elettronica in chimica, nel rispetto della qualità fine art.
Da un cultore della fotografia tradizionale bianconero fine art come notoriamente sono, il trattare l'argomento digitale potrebbe apparire non coerente, se poi aggiungo di aver trovato un metodo pratico, economico ma eccellente per trasformare un file digitale bianconero in una fotografia su carta fotografica (badate bene, fatta di argento metallico, non d'inchiostro!), allora si passa all'incredulità assoluta. Ebbene, forse è proprio il connubio tra arte, desiderio di proiettare un elaborato digitale su carta fotografica e la mia cultura di chimico che ha scaturito un'idea pazzerellona che però nella pratica e nell'efficacia si è rivelata vincente: da digitale a carta fotografica bianconero.
Ma andiamo per gradi pur riservandomi di approfondire questo argomento in futuri articoli che prenderanno in considerazione gli aspetti comparativi e qualitativi tra diversi materiali".
Ecco come la pensa Marco Foddel nel suo articolo:
"Conosciamo le difficoltà che si incontrano nel realizzare una fotografia bianconero che rispetti ciò che abbiamo previsualizzato e spesso il risultato finale non corrisponde all'idea che avevamo in mente.
I motivi della frustrazione che ne deriva sono molteplici e da ricercarsi in tutte le fasi del processo fotografico, dalla ripresa al trattamento. Tuttavia, si cerca di pilotare il risultato nella direzione voluta con tecniche di non facile esecuzione, a volte addirittura impossibili, soprattutto in fase di stampa. Penso ad interventi di mascheratura o bruciatura su piccole porzioni del negativo, oppure alle diverse variazioni di contrasto in altrettante differenti zone del soggetto ed a difficili interventi di ritocco per eliminare imperfezioni o difetti nell'immagine. Operazioni, queste, che richiedono una esperienza notevole, spesso non sufficiente ad ottenere un risultato perfetto. Siamo nel caso limite, una sorta di confine tra possibile ed impossibile in cui la fotografia tradizionale si ferma.
Al giorno d'oggi, però, il fotografo ha uno strumento in più su cui contare: la fotografia digitale. Cresciuta qualitativamente in modo esponenziale, in questi ultimi tempi ha raggiunto, grazie a sofisticatissimi ed efficaci software, livelli qualitativi che non fanno più sorridere ma che permettono di oltrepassare efficacemente il confine suddetto.
Al di là dalle possibilità tecniche offerte dalla fotografia digitale, chiunque si sia incantato a rimirare le proprie immagini digitalizzate attraverso lo schermo di un PC, sicuramente sarà rimasto colpito dalla nettezza e brillantezza dei toni.
Il problema nasce quando si vuole stampare quella bellissima immagine in bianconero, non necessariamente frutto di un programma di elaborazione grafica, che vediamo sul monitor. Il metodo più ovvio è quello di servirsi di una stampante Ink Jet. Tuttavia, anche con una buonissima ed evolutissima stampante di qualità fotografica si otterrà un'immagine costituita da inchiostri su carta.
Dal punto di vista qualitativo una stampa ad inchiostri, pur avvicinandosi molto a quella tradizionale all'argento, non riesce, almeno per il momento, ad esservi pienamente equivalente. Ciò è dovuto al fatto che un'immagine fotografica tradizionale è costituita da argento metallico che a tutt'oggi è insuperabile nel conferire ai soggetti profondità e modulazione tonale. Ma a parte questo aspetto esiste un altro fattore di imprescindibile importanza: la durata delle stampe.
E' pur vero che le note case costruttrici di stampanti Ink Jet promettono stampe di durata centenaria ma di ciò abbiamo, per l'appunto, solo promesse (sostenute da test difficilmente verificabili) che dovremo riscontrare tra almeno cento anni: francamente troppi!
D’altra parte, non si può rimanere indifferenti innanzi alle possibilità di intervento che opportuni software possono offrire sulle immagini digitali (ossia prodotte da fotocamera digitali) o digitalizzate (prodotte da negativo scandito) e al notevole impatto qualitativo che ne deriva, tale da farci desiderare di vederle realizzate su carta fotografica tradizionale.
Fino ad oggi una simile possibilità per il bianconero non esisteva (a parte riprodurre, dopo inversione, il file del positivo digitale in negativo digitale su pellicola per mezzo di un costoso fotorestitutore, che in base a prove fatte almeno sul bianconero, abbassa notevolmente la qualità finale).
I "limiti" mi hanno da sempre affascinato e fatto risvegliare la mia "sperimentite", che si è tradotta nel desiderio di ricercare un valido metodo per tradurre un'immagine elettronica in chimica, nel rispetto della qualità fine art.
Da un cultore della fotografia tradizionale bianconero fine art come notoriamente sono, il trattare l'argomento digitale potrebbe apparire non coerente, se poi aggiungo di aver trovato un metodo pratico, economico ma eccellente per trasformare un file digitale bianconero in una fotografia su carta fotografica (badate bene, fatta di argento metallico, non d'inchiostro!), allora si passa all'incredulità assoluta. Ebbene, forse è proprio il connubio tra arte, desiderio di proiettare un elaborato digitale su carta fotografica e la mia cultura di chimico che ha scaturito un'idea pazzerellona che però nella pratica e nell'efficacia si è rivelata vincente: da digitale a carta fotografica bianconero.
Ma andiamo per gradi pur riservandomi di approfondire questo argomento in futuri articoli che prenderanno in considerazione gli aspetti comparativi e qualitativi tra diversi materiali".
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